Camerun, Yaoundé: 24 dic.2021
Siamo
quasi arrivati al Natale del Signore Gesù e con gli auguri anticipati della festa,
il cuore corre a Voi per salutarvi e rivolgervi un augurio di bene.
“Non
raggiungerete mai l’amore senza un immenso grazie nel cuore” Arnaud Desjardins
Care Amiche
e Amici di Nisshash, di Erba, della Comunità pastorale e di vita, Buon giorno!
Eccomi, vi
scrivo dopo tre mesi dall’ingresso nel paese e nelle due parrocchie dove lavoro
come vicario, per dire grazie a ciascuno
di voi, per l’amicizia, la preghiera, la confidenza e l’aiuto ricevuto quando
ero a casa come per l’oggi. Merci - Grazie!
Sono a Yaoundé
in capitale, con almeno cinque milioni d’altre persone che vivono sulle sette
colline della città. Vi dico la serenità e la gioia di questo mio abitare in
Camerun chiamato anche” l’Afrique in miniatura” perché il paese raccoglie tutti
i climi e le diversità naturali del continente.
Sono
contento pur nella fatica d’iniziare una presenza discreta e vera, cercare
opportunità ed essere vicino a bisogni e alle sofferenze umane come un fratello
missionario deve fare della sua vita. Lavoro anche nella scuola pubblica con quindici
ore d’insegnamento in un grande liceo (4.300 allievi) non lontano dalla casa pime
dove risiedo, una sfida da poco iniziata. La gente è buona con me e per fortuna
nel crogiolo della capitale dove credo tutte le lingue del paese sono
rappresentate (almeno 200). Il francese mi permette di entrare nel quotidiano
più ordinario così come l’inglese l’altra lingua ufficiale: esse mi facilitano
la conoscenza di cammini e di storie personali che avvicino o m’accompagnano: i taxisti e i motociclisti per il trasporto,
la polizia e gli impiegati per i
documenti, i confratelli e la gente delle parrocchie, gli insegnanti della scuola,
i volontari e gli animatori delle case di accoglienza dei bambini di strada e
le suore di madre Teresa con i loro poveri e abbandonati, le Piccole sorelle di
Gesù, le mamme delle comunità cristiane,
i bambini e i giovani in cerca di capire il loro futuro.
Ma prima
di continuare nella mia lettera a voi vorrei che leggiate l’introduzione di
questo libro da comperare e che aiuta a pensare:
“Africana. Raccontare il continente al di là degli
stereotipi”.
Di Chiara Piaggio e Igiaba Scego Ed.Feltrinelli
…Sembra
banale ribadirlo, ma non si sa mai, meglio ripeterlo. L'Africa è un continente.
Anzi, va detto anche cosa l'Africa non è. L'Africa non è un paese, non è un
villaggio, non è un borgo, non è un'isola.
L'Africa è
immensa. Si estende per più di 8.000 chilometri da nord a sud e per 7.500
chilometri da est a ovest, con alcune isole ancora più lontane. Occupa il sei
per cento delle terre emerse ed è il terzo continente in ordine di grandezza,
se contiamo l'America come blocco unico che va dalla Patagonia alle montagne
canadesi. Un quarto delle lingue parlate al mondo è del continente africano. Un
continente fatto di cinquantaquattro nazioni grandi e piccole. La più vasta è
l'Algeria. La meno estesa è l'arcipelago delle Seychelles. Se invece vogliamo
scovare il più piccolo paese sulla terraferma, allora al primo posto c'è il
Gambia. Il continente ha una varietà di ambienti ed ecosistemi unici nel nostro
pianeta.
Qui ci
sono deserti, foreste, montagne. Possiamo trovarci a sud-ovest nel deserto del
Kalahari e poi improvvisamente con l'immaginazione trasportarci nell'acrocoro
etiopico, dove si respira aria di alta montagna, come in Svizzera. È un
continente pieno di paradossi. Abbiamo città formicai di grande estensione,
come Luanda e Lagos, e poi luoghi così piccoli e inaccessibili che nemmeno ci
immaginiamo. Non è un caso che quando hanno deciso di mandare in esilio
Napoleone abbiano optato per Sant'Elena, un'isola irraggiungibile
nell'Atlantico centro-meridionale vicino all'Angola, tuttora protettorato britannico.
Un posto remoto, da dove era difficile evadere. C'è di tutto in Africa, ma
veramente di tutto. Il continente è un crogiolo di popoli, culture e religioni.
Crogiolo di popoli significa mescolanza, diversità, meticciato…È proprio questa
commistione che rende il continente africano uno tra i più culturalmente
interessanti del globo. Un continente creolo, dove ogni persona di fatto può
considerarsi una nazione.
Ma quello
che per me era chiaro, limpido, cristallino, spesso non lo era per gli altri.
Ed ecco che intorno a me sentivo frasi come "Sono stato in Africa"
(in Africa dove, di grazia? L'Africa è enorme!), "Parli africano tu?"
(davvero credi che esista la lingua africana?), "Tu sopporti il caldo: sei
africana, beata te!" (...odio il caldo. Ma basta farsi una gita a Nairobi
in luglio per scoprire che sono tutti ben coperti nei golfini di lana),
"Ah, il continente nero, che bellezza!" (in Africa non sono tutti
neri).
Insomma,
una sfilza di luoghi comuni accomunati da quello sguardo, quel maledetto
sguardo occidentale sul continente che intossicava e intossica ancora tutto. Ed
ecco che sotto quello sguardo, fatto di inganni e armamenti pesanti, l'Africa
si è persa. Sottomessa a una narrazione che la voleva inferiore.
Se c'è
qualcosa che accomuna il continente, dalla Tunisia al Lesotho, è proprio lo
sguardo coloniale che si è posato sulle terre africane. La ferita del
colonialismo è ancora lì visibile ai nostri occhi. È lì come un fantasma che
infesta i sogni e occupa abusivamente le case. Ed ecco che sotto quello sguardo
l'Africa soccombe. È da quello sguardo occidentale che parte il male che a
tratti ancora avvolge il continente. È lo sguardo che la trasforma in qualcosa
che l'Africa non è mai stata: un continente debole, da porre sotto tutela
occidentale. Si diceva che quella era una tutela a fin di bene, che gli europei
avrebbero portato la civiltà, la religione, la democrazia, la rettitudine, a
quei paesi mancanti di tutto.
"Li
civilizzeremo", era questo il mantra. Ed è stato quello stesso sguardo, creando
categorie di umani di serie A e di serie B, a dare una base ideologica alla
tratta degli schiavi e a tutto il resto. Lo scopo degli europei era annichilire
per poter conquistare, sfruttare, colonizzare l'Africa. Annichilire per poter
più facilmente distruggere e disperdere. Naturalmente l'obiettivo ultimo erano
le risorse del continente.
*Bene,
spero che la condivisione di letture sia un buon passo per aiutarci, così
aspetterò ora i vostri consigli
24
dicembre…
siamo a
Natale ormai e anche qui si sente l’unicità di questo tempo d’attesa perché i
cristiani di tutte le denominazioni si preparano e con le vacanze lavorative e
scolastiche anche i fratelli mussulmani partecipano al clima di festa. È vero l’Africa
è il continente più giovane della terra e i sorrisi e alla bellezza dei bambini
sempre numerosi e curiosi danno ovunque un tratto di stupore e di semplicità
unici…ma quest’anno sento più viva la difficoltà che attraversa la vita di
tutti, questo dicembre mi sembra di toccare con mano un male che ci circonda e che
mi rallenta e mi spoglia. Vorrei
descriverlo a voi per leggerlo meglio, cambiarlo se possibile.
« Viens Seigneur ne tarde plus, viens guérir le cœur
brisé » dalla liturgia di oggi. Terminate
le confessioni mi appunto sul telefonino quello che sento: il male dell’uomo
d’oggi, il mio male, vi scrivo qualche esempio…
1)
Dopo
giorni di corse attraverso Yaoundè caotica molto più del solito a Natale, per
aiutare un bambino perduto e trovato in terra svenuto davanti alla mia scuola coperto
di sangue e polvere, oggi dopo tante ricerche, Lui è muto, lo riaffidiamo al
suo orfanotrofio da dove era scappato: tre stanze e un gabinetto con due bebè
orfani come lui. Evidentemente non può stare in quelle condizioni a 12 anni e
lo mostra con agitazione…noi dobbiamo ripartire in taxi.
2)
Con
il mio parroco più giovane abbiamo benedetto cercando le case dei cristiani
dentro due bidonville accatastate sulle pendici della nostra collina sotto la
chiesa. Ognuno ha girato per vicoli con le mamme come guide, benedetto stanze
buie senza finestre, un locale solo per più persone con bambini, in un angolo la
cucina, nell’altro il letto, la tv, senza acqua in casa. Pareti annerite dal
fumo o le entrate in cui devi inchinarti per passare…e la dignità e la salute e
queste persone?
3)
Parlo
con alcuni giovani…tanti hanno un genitore che prepara e vende cibo sui
marciapiedi della strada oppure abiti usati o fanno piccole riparazioni ma a 19
anni il dover inventarsi ogni giorno qualche cosa, senza un impiego, una
certezza, pone duramente la domanda del futuro della vita, quale vita?
4)
La
violenza sessuale sulle ragazze, sulle donne, ai piccoli, sono delle ferite che
continuano a riprodursi anche qui, di cui nessuno è responsabile e che la società
facilmente giustifica chiudendo gli occhi o esaltando con un ridere sgraziato la
forza dell’uomo. Come uscirne?
5)
Non
è difficile vedere l’amore per i soldi, il sentir parlare solo di soldi, cosa che
si insinua facilmente anche nelle chiese e fa crescere l’orgoglio come montagne
produce atteggiamenti di menzogna, di piccole furbizie, d’indifferenza al
dolore dell’altro. Un uso del denaro che giustifica la cattiveria e che assolve
ogni cosa mentre il Papa grida d’investire nell’educazione anziché nelle armi.
6)
Mi
sento a disagio quando mi accorgo che il Vangelo diviene una esperienza di
Club, di ripetizione di parole e gesti tradizionalmente vuoti, di cura di sé
stessi, finendo lontani dai problemi reali della vita, dalla cura della storia
sofferente dell’altro, ricercando l’apparenza del mostrarsi buoni, belli, contenti.
Mi domando: come riprendere un cammino di fede?
7)
Faccio
fatica a usare espressioni nel mio francese che siano più rispettose della
persona, capisco che è importante aprire alla cortesia perché spesso noto che
nella velocità e la banalità del vivere tolgo stima alle persone. Sovente, passando
per il mercato inciampo in parole violente, in atteggiamenti violenti verso i
più deboli. Una forma di sopraffazione quasi scontata ovvia, giustificata tra i
grandi. Come cambiare?
8)
Mi
piace camminare per le vie di Yaoundé, le strade sono piene di gente ma poi
guardando bene è evidente come non siamo ancora riusciti a controllare e
rispettare l’ambiente, togliere i rifiuti, alleggerire il traffico, dare spazio
al vivere. Tutti ci muoviamo dentro un sovraffollamento di sani e malati, super
ricchi e poveracci, tra fruttivendoli e cassonetti. Si sognano città del futuro
ma come potrebbero essere e quando?
Sono
alcuni dei pensieri che mi seguono e mi toccano in queste settimane. Così
vorrei che il Natale del Signore ci possa raccontare l’umanità che lui ha
assunto per mostrarcene la bellezza, la dignità e le possibilità infinite di
vita e capisco meglio come tutto ciò non è scontato ma un modo di scegliere di
essere.
Vi
ricordo con gioia e gratitudine e mi auguro con voi di vivere la rinascita del
Natale per un mondo nuovo di pace e di fraternità. Con affetto
p. Luca