"Da tutte le parti si sentono le notti e i giorni risuonare di forti richiami, nel respiro di migliaia di vite" (R. Tagore)

sabato 8 gennaio 2022

Auguri da p.Luca

 Camerun, Yaoundé: 24 dic.2021

Siamo quasi arrivati al Natale del Signore Gesù e con gli auguri anticipati della festa, il cuore corre a Voi per salutarvi e rivolgervi un augurio di bene.

“Non raggiungerete mai l’amore senza un immenso grazie nel cuore” Arnaud Desjardins

Care Amiche e Amici di Nisshash, di Erba, della Comunità pastorale e di vita, Buon giorno!

Eccomi, vi scrivo dopo tre mesi dall’ingresso nel paese e nelle due parrocchie dove lavoro come vicario, per dire  grazie a ciascuno di voi, per l’amicizia, la preghiera, la confidenza e l’aiuto ricevuto quando ero a casa come per l’oggi. Merci - Grazie!

Sono a Yaoundé in capitale, con almeno cinque milioni d’altre persone che vivono sulle sette colline della città. Vi dico la serenità e la gioia di questo mio abitare in Camerun chiamato anche” l’Afrique in miniatura” perché il paese raccoglie tutti i climi e le diversità naturali del continente.

Sono contento pur nella fatica d’iniziare una presenza discreta e vera, cercare opportunità ed essere vicino a bisogni e alle sofferenze umane come un fratello missionario deve fare della sua vita. Lavoro anche nella scuola pubblica con quindici ore d’insegnamento in un grande liceo (4.300 allievi) non lontano dalla casa pime dove risiedo, una sfida da poco iniziata. La gente è buona con me e per fortuna nel crogiolo della capitale dove credo tutte le lingue del paese sono rappresentate (almeno 200). Il francese mi permette di entrare nel quotidiano più ordinario così come l’inglese l’altra lingua ufficiale: esse mi facilitano la conoscenza di cammini e di storie personali che avvicino o m’accompagnano:  i taxisti e i motociclisti per il trasporto, la polizia e gli impiegati  per i documenti, i confratelli e la gente delle parrocchie, gli insegnanti della scuola, i volontari e gli animatori delle case di accoglienza dei bambini di strada e le suore di madre Teresa con i loro poveri e abbandonati, le Piccole sorelle di Gesù,  le mamme delle comunità cristiane, i bambini e i giovani in cerca di capire il loro futuro.

Ma prima di continuare nella mia lettera a voi vorrei che leggiate l’introduzione di questo libro da comperare e che aiuta a pensare:

“Africana. Raccontare il continente al di là degli stereotipi”.

 Di Chiara Piaggio e Igiaba Scego  Ed.Feltrinelli

…Sembra banale ribadirlo, ma non si sa mai, meglio ripeterlo. L'Africa è un continente. Anzi, va detto anche cosa l'Africa non è. L'Africa non è un paese, non è un villaggio, non è un borgo, non è un'isola.

L'Africa è immensa. Si estende per più di 8.000 chilometri da nord a sud e per 7.500 chilometri da est a ovest, con alcune isole ancora più lontane. Occupa il sei per cento delle terre emerse ed è il terzo continente in ordine di grandezza, se contiamo l'America come blocco unico che va dalla Patagonia alle montagne canadesi. Un quarto delle lingue parlate al mondo è del continente africano. Un continente fatto di cinquantaquattro nazioni grandi e piccole. La più vasta è l'Algeria. La meno estesa è l'arcipelago delle Seychelles. Se invece vogliamo scovare il più piccolo paese sulla terraferma, allora al primo posto c'è il Gambia. Il continente ha una varietà di ambienti ed ecosistemi unici nel nostro pianeta.

Qui ci sono deserti, foreste, montagne. Possiamo trovarci a sud-ovest nel deserto del Kalahari e poi improvvisamente con l'immaginazione trasportarci nell'acrocoro etiopico, dove si respira aria di alta montagna, come in Svizzera. È un continente pieno di paradossi. Abbiamo città formicai di grande estensione, come Luanda e Lagos, e poi luoghi così piccoli e inaccessibili che nemmeno ci immaginiamo. Non è un caso che quando hanno deciso di mandare in esilio Napoleone abbiano optato per Sant'Elena, un'isola irraggiungibile nell'Atlantico centro-meridionale vicino all'Angola, tuttora protettorato britannico. Un posto remoto, da dove era difficile evadere. C'è di tutto in Africa, ma veramente di tutto. Il continente è un crogiolo di popoli, culture e religioni. Crogiolo di popoli significa mescolanza, diversità, meticciato…È proprio questa commistione che rende il continente africano uno tra i più culturalmente interessanti del globo. Un continente creolo, dove ogni persona di fatto può considerarsi una nazione.

Ma quello che per me era chiaro, limpido, cristallino, spesso non lo era per gli altri. Ed ecco che intorno a me sentivo frasi come "Sono stato in Africa" (in Africa dove, di grazia? L'Africa è enorme!), "Parli africano tu?" (davvero credi che esista la lingua africana?), "Tu sopporti il caldo: sei africana, beata te!" (...odio il caldo. Ma basta farsi una gita a Nairobi in luglio per scoprire che sono tutti ben coperti nei golfini di lana), "Ah, il continente nero, che bellezza!" (in Africa non sono tutti neri).

Insomma, una sfilza di luoghi comuni accomunati da quello sguardo, quel maledetto sguardo occidentale sul continente che intossicava e intossica ancora tutto. Ed ecco che sotto quello sguardo, fatto di inganni e armamenti pesanti, l'Africa si è persa. Sottomessa a una narrazione che la voleva inferiore.

Se c'è qualcosa che accomuna il continente, dalla Tunisia al Lesotho, è proprio lo sguardo coloniale che si è posato sulle terre africane. La ferita del colonialismo è ancora lì visibile ai nostri occhi. È lì come un fantasma che infesta i sogni e occupa abusivamente le case. Ed ecco che sotto quello sguardo l'Africa soccombe. È da quello sguardo occidentale che parte il male che a tratti ancora avvolge il continente. È lo sguardo che la trasforma in qualcosa che l'Africa non è mai stata: un continente debole, da porre sotto tutela occidentale. Si diceva che quella era una tutela a fin di bene, che gli europei avrebbero portato la civiltà, la religione, la democrazia, la rettitudine, a quei paesi mancanti di tutto.

"Li civilizzeremo", era questo il mantra.  Ed è stato quello stesso sguardo, creando categorie di umani di serie A e di serie B, a dare una base ideologica alla tratta degli schiavi e a tutto il resto. Lo scopo degli europei era annichilire per poter conquistare, sfruttare, colonizzare l'Africa. Annichilire per poter più facilmente distruggere e disperdere. Naturalmente l'obiettivo ultimo erano le risorse del continente.

 *Bene, spero che la condivisione di letture sia un buon passo per aiutarci, così aspetterò ora i vostri consigli

24 dicembre…

siamo a Natale ormai e anche qui si sente l’unicità di questo tempo d’attesa perché i cristiani di tutte le denominazioni si preparano e con le vacanze lavorative e scolastiche anche i fratelli mussulmani partecipano al clima di festa. È vero l’Africa è il continente più giovane della terra e i sorrisi e alla bellezza dei bambini sempre numerosi e curiosi danno ovunque un tratto di stupore e di semplicità unici…ma quest’anno sento più viva la difficoltà che attraversa la vita di tutti, questo dicembre mi sembra di toccare con mano un male che ci circonda e che mi rallenta e mi spoglia.  Vorrei descriverlo a voi per leggerlo meglio, cambiarlo se possibile.

« Viens Seigneur ne tarde plus, viens guérir le cœur brisé » dalla liturgia di oggi. Terminate le confessioni mi appunto sul telefonino quello che sento: il male dell’uomo d’oggi, il mio male, vi scrivo qualche esempio…

1)     Dopo giorni di corse attraverso Yaoundè caotica molto più del solito a Natale, per aiutare un bambino perduto e trovato in terra svenuto davanti alla mia scuola coperto di sangue e polvere, oggi dopo tante ricerche, Lui è muto, lo riaffidiamo al suo orfanotrofio da dove era scappato: tre stanze e un gabinetto con due bebè orfani come lui. Evidentemente non può stare in quelle condizioni a 12 anni e lo mostra con agitazione…noi dobbiamo ripartire in taxi.

2)     Con il mio parroco più giovane abbiamo benedetto cercando le case dei cristiani dentro due bidonville accatastate sulle pendici della nostra collina sotto la chiesa. Ognuno ha girato per vicoli con le mamme come guide, benedetto stanze buie senza finestre, un locale solo per più persone con bambini, in un angolo la cucina, nell’altro il letto, la tv, senza acqua in casa. Pareti annerite dal fumo o le entrate in cui devi inchinarti per passare…e la dignità e la salute e queste persone?

3)     Parlo con alcuni giovani…tanti hanno un genitore che prepara e vende cibo sui marciapiedi della strada oppure abiti usati o fanno piccole riparazioni ma a 19 anni il dover inventarsi ogni giorno qualche cosa, senza un impiego, una certezza, pone duramente la domanda del futuro della vita, quale vita?

4)     La violenza sessuale sulle ragazze, sulle donne, ai piccoli, sono delle ferite che continuano a riprodursi anche qui, di cui nessuno è responsabile e che la società facilmente giustifica chiudendo gli occhi o esaltando con un ridere sgraziato la forza dell’uomo. Come uscirne?

5)     Non è difficile vedere l’amore per i soldi, il sentir parlare solo di soldi, cosa che si insinua facilmente anche nelle chiese e fa crescere l’orgoglio come montagne produce atteggiamenti di menzogna, di piccole furbizie, d’indifferenza al dolore dell’altro. Un uso del denaro che giustifica la cattiveria e che assolve ogni cosa mentre il Papa grida d’investire nell’educazione anziché nelle armi.

6)     Mi sento a disagio quando mi accorgo che il Vangelo diviene una esperienza di Club, di ripetizione di parole e gesti tradizionalmente vuoti, di cura di sé stessi, finendo lontani dai problemi reali della vita, dalla cura della storia sofferente dell’altro, ricercando l’apparenza del mostrarsi buoni, belli, contenti. Mi domando: come riprendere un cammino di fede?

7)     Faccio fatica a usare espressioni nel mio francese che siano più rispettose della persona, capisco che è importante aprire alla cortesia perché spesso noto che nella velocità e la banalità del vivere tolgo stima alle persone. Sovente, passando per il mercato inciampo in parole violente, in atteggiamenti violenti verso i più deboli. Una forma di sopraffazione quasi scontata ovvia, giustificata tra i grandi. Come cambiare?

8)     Mi piace camminare per le vie di Yaoundé, le strade sono piene di gente ma poi guardando bene è evidente come non siamo ancora riusciti a controllare e rispettare l’ambiente, togliere i rifiuti, alleggerire il traffico, dare spazio al vivere. Tutti ci muoviamo dentro un sovraffollamento di sani e malati, super ricchi e poveracci, tra fruttivendoli e cassonetti. Si sognano città del futuro ma come potrebbero essere e quando?

Sono alcuni dei pensieri che mi seguono e mi toccano in queste settimane. Così vorrei che il Natale del Signore ci possa raccontare l’umanità che lui ha assunto per mostrarcene la bellezza, la dignità e le possibilità infinite di vita e capisco meglio come tutto ciò non è scontato ma un modo di scegliere di essere.

Vi ricordo con gioia e gratitudine e mi auguro con voi di vivere la rinascita del Natale per un mondo nuovo di pace e di fraternità. Con affetto

p. Luca 

Auguri da p.s. Valeria

 

Milano, Natale 2021

 

Carissime amiche e amici di Nisshash,

mi faccio vicina a ciascuna e a ciascuno di voi con tutta la mia gratitudine, il mio affetto e i miei auguri! Ho visto gli oggetti del mercatino di Natale: bellissimi! Grazie di cuore per la vostra operosità tenace e perseverante che ci sostiene e incoraggia.

Mi faccio vicina a voi con una condivisione direi interiore... Infatti, non so voi, ma, in mezzo alla sempre più grande complessità e vulnerabilità che viviamo, sento come un imperativo a scendere verso il profondo, a lasciarmi interpellare, ad andare all'essenziale....

Eccomi allora con alcuni pensieri e domande che oggi la buona notizia del Natale di Gesù mi suscita, illuminando piano piano le mie giornate.

La buona notizia di un Dio che sceglie di entrare nella nostra umanità e nella storia, come un neonato, un bambino qualsiasi, fragile e bisognoso di tuttoMi suggerisce che non c'è debolezza,  fragilità che Lui non abbracci e possa riempire di senso.

E mi chiedo: quando sperimento momenti di grande vulnerabilità e debolezza, quando tocco la mia e la fragilità di chi mi sta accanto, quando guardo impotente la fragilità e il dolore del nostro mondo. , mi viene da alzare lo sguardo e di credere che non sono  siamo soli?

Oso tenere la porta almeno semiaperta perchè possa entrare Colui che sa dare un colore nuovo e una fecondità inattesa alla mia e alla nostra vita? Oso fare e rifare questo atto interiore di profonda fiducia?

La buona notizia di un Dio che è nato in viaggio e che ha mosso i primi passi in terra straniera, fuggendo l'odio di Erode. Mi suggerisce che non c'è dramma umano, nè sradicamento a causa di oppressioni subite, della povertà o dell'ingiustizia, che siano estranei al nostro Dio, estranei al suo sguardo amorevole, Lui che sempre cammina e sta dalla parte dei poveri e degli oppressi.

E mi chiedo: come guardo io a tutti coloro che sono costretti a fuggire l'odio e la prepotenza dei potenti? Provo a mettermi nelle loro scarpe, nei loro abiti? Provo a lasciarmi toccare e a farmi venire almeno il dubbio che le loro vite hanno qualcosa a che fare con la mia vita?. E magari cerco di informarmi un po' di più e provo a cercare luoghi in cui posso dare una mano concreta. ?

La buona notizia di un Dio che si è nascosto per 30 anni in un villaggio di periferia, crescendo come tutti in una famiglia e lavorando senza notorietà, facendo delle cose ordinarie di tutti i giorni un cammino di crescita davanti a Dio e agli uomini.

 

Mi invita a pensare che non c'è periferia esistenziale che Dio non scelga di abitare e che non c'è giornata che vivo, con il suo tran tran spesso così banale e ordinario, che Lui non scelga di raccogliere, benedire e custodire. Tran tran che diventa opportunità unica per seminare quel bene semplice e sincero, che sa dare speranza e respiro al futuro.

E mi chiedo: dentro questa nostra periferia milanese, dove vivo ormai da 5 anni, continuo a credere che è proprio nelle cose di tutti i giorni che abita Dio? Che è qui dentro che sono invitata a crescere, a fare del bene e a riconoscerlo attorno a me? Mi soffermo abbastanza su tutti quei segni di solidarietà, di fiducia rinnovata di cui siamo testimoni? So custodire quei gesti di pazienza nella grande precarietà, di lotta nonostante le tante frustrazioni e delusioni, che vedo in vari dei nostri vicini? So mettermi accanto e sostenere tutti questi lumicini silenziosi e portatori di speranza?

 Allora, avvicinandomi oggi alla grotta di Betlemme sento che, sì, ne vale la pena!

Vale la pena continuare a credere nella forza della fragilità riempita da Dio, vale la pena non rendere impermeabile lo sguardo di fronte alle troppe ingiustizie che feriscono e sfigurano la nostra umanità, vale la pena continuare a bene-dire il quotidiano più ordinario, perchè il bene trova lì la sua casa... nel silenzio, nella fedeltà e nella pazienza!

E' così che, di nascita in nascita, l'umanità si fa più bella e più umana! Cosa ne dite?

Gli amici e amiche di Puerto Yvapovo vi salutano e ringraziano di vero cuore... Sto aspettando foto e notizie recenti da quella terra amica che vi condividerò nella prossima lettera, senza troppo tardare, almeno lo spero....

Vi abbraccio!
Valeria piccola sorella