"Da tutte le parti si sentono le notti e i giorni risuonare di forti richiami, nel respiro di migliaia di vite" (R. Tagore)

giovedì 26 gennaio 2017

Non violenza, una scelta uno stile

Ecco gli eventi del Mese della Pace che verranno proposti in questi giorni...

questa sera....



Il primo Natale in Costa d'Avorio

Bouakè, 12/gen/2017

Caro Angelo, Giovanna e amici di Nissash
mi metto a scrivere dopo questi giorni importanti del calendario e dopo la ripresa di un ritmo più ordinario nella vita della città e nel  Paese. Non siamo riusciti a scambiarci formalmente gli auguri anche se nel cuore penso ci siamo accompagnati comunque. Ho letto e seguito la preparazione del Natale dell’Associazione, le vostre news e quelle  di Sr. Maria Luisa dall’Etiopia e di Sorella Valeria; grazie!
Io ho vissuto Il mio primo Natale in Costa d’Avorio in modo semplice e classico per un missionario: in villaggio, veglia e messa alla luce delle candele attorniato da una piccola comunità riunita nella notte. Una  celebrazione costruita di tre lingue locali più il mio francese asciutto. Al Gloria cantato nell’oscurità  davanti a noi la viva rappresentazione della santa Famiglia con il piccoletto in fasce tenuto in braccio: semplicemente, per osservare  e  comprendere il Dono ricevuto! Poi  il rientro e la messa del giorno al centro della Missione con la grande comunità; una messa gioiosa e stracolma di famiglie; verso le 15 un pranzo in comune, un piatto di riso e un po’ di carne conquistati, preparato per i tantissimi bambini circa 400. A seguito lo spettacolino con danze e canti. La sera alle 21 tutti in chiesa per il film della Natività…una chiesa piena di ragazzi, giovani, genitori e che a un certo punto cadevano  addormentati sulle panche in pace.
Ritorno per la fine dell’anno in Città, da solo questa volta, facendomi invitare per la veglia in una Parrocchia vicino all’Università partecipo all’evento della chiusura dell’anno e all’ingresso nel nuovo. Quella sera attraversando Bouakè  attorno alle 21.30 ero  rimasto colpito…credo di aver visto la quasi totalità dei cristiani della città, di tutte le denominazioni, affollare le Chiese che, tutte ben  aperte e illuminate già risuonavano nel  tepore della notte, di canti di festa e di preghiere…nessuno deve restare in casa la viglia del Nuovo Anno. La mia parrocchia era già gremita per una veglia che sarebbe terminata alle 5 di mattina con la Messa  di Capodanno. Tutti siamo seduti o in piedi  e la ripresa di canti conosciuti, di danze e gesti, le riflessioni  dei sacerdoti, la conduzione con le esortazioni dei laici, tutto ci conduceva ai temi del ringraziamento, della richiesta di perdono dal male, della gioia di conoscere il Signore Gesù e la sua storia, del desiderio di entrare nel nuovo anno con un cuore nuovo. Mi sono sentito libero e attorniato da una assemblea che come me cantava e pregava unita…una bella esperienza. Devo dire che ho sentito anche un po’ d’amarezza, pensando all’Europa e alle e Chiese chiuse la notte di Capodanno, alla frenesia di cenoni con brindisi augurali spesso incolore, poco il senso e la fede, forse pieni di solitudine …e mi sono chiesto: ma chi è davvero più povero nella vita?
Mattina primo giorno dell’Anno 2017 alle 10 sono alla messa solenne in Monastero e poi pranzo in una Casa di accoglienza per bambini di strada che mi hanno indicato. Mi sembrava iniziato bene l’anno.
Improvvisamente giovedì 5 gennaio la mattina presto, l’Esercito congela la città, blocca gli accessi, spara colpi in aria…seguono tre giorni di trattative con il Governo, mentre altre caserme  protestano e i blocchi nelle grandi città si diffondono. Mi ritrovo chiuso in casa, il Vicario della Diocesi chiede a tutti i preti di non uscire, di restare in casa. Siamo tutti piombati in un silenzio assurdo, surreale. Nessuno circola, nessuno si avventura per le strade. Solo il rumore frequente di colpi d’arma da fuoco e quello di un elicottero bianco dell’ONU che sorvola due volte al giorno la città per osservare. Seguiamo tutti  le notizie alla radio francese.
Finalmente sabato sera, trovano un accordo alle richieste dei militari che lentamente rientrano nelle caserme. Domenica mattina piano piano vado in Chiesa, ci troviamo quasi come nel giorno della Risurrezione, fuori da un tempo inimmaginato. Il paese ha toccato ancora una volta tutta la sua fragilità. Mentre vi scrivo questa settimana uno sciopero già previsto di cinque giorni, ha fermato tutto il settore pubblico, Uffici, Comuni, Scuole incluse.
 “La violenza non ripaga mai” scrive il nostro Arcivescovo sui giornali “ occorre arrivare a nuove abilità di dialogo di concertazione, d’intesa ”. E penso che anche lo scorso anno quando ero a Parigi a studiare francese, avevo vissuto questi problemi;  per quattro settimane Parigi in balia di scioperi selvaggi: dalla nettezza urbana, al carburante, ai trasporti.
Tutti si reclama l’urgenza di un salario degno o di nuove possibilità e invece chi ha già molto non vuole cambiare assolutamente nulla. Come ritrovarci, come imparare ad ascoltare, come venirsi incontro per vivere meglio tutti?
Cerco, trovo forse una risposta nelle parole di Zygmunt Bauman in ricordo di Lui, un uomo saggio: «La guerra si sconfigge solo se diamo ai nostri figli una cultura capace di creare strategie per la vita, per l’inclusione, dell’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro che non rappresentano una pura carità, ma un obbligo morale. Dobbiamo creare posti di lavoro reale e ben pagati per i giovani  e passare dall’economia liquida ad una posizione che permetta l’accesso alla terra col lavoro». E prosegue… «Papa Francesco dice che questo dialogo deve essere al centro dell’educazione nelle nostre scuole, allo scopo di dare strumenti per risolvere conflitti in maniera diversa da come siamo abituati a fare». «L’acquisizione della cultura del dialogo non è una strada facile da seguire, una scorciatoia. L’educazione è un processo di tempi lunghissimi, che necessita di pazienza, coerenza, pianificazione a lungo termine. Si tratta di una rivoluzione culturale rispetto al modo in cui si invecchia e si muore prima ancora di crescere». 
Ce lo auguriamo vicendevolmente, all’inizio di quest’anno 2017, mentre “doucement”  attivo un programma di incontri, di ricerca, di amicizie attraverso cui continuare la mia presenza di prete in collaborazione al Cappellano dell’Università. Studio, osservo, imparo, domando con tanta pazienza.
Un caro saluto a ciascuno!!  

Père Luca