Bouakè, 12/gen/2017
Caro Angelo, Giovanna e amici di Nissash
mi metto a scrivere dopo questi giorni importanti del calendario
e dopo la ripresa di un ritmo più ordinario nella vita della città e nel Paese. Non siamo riusciti a scambiarci formalmente
gli auguri anche se nel cuore penso ci siamo accompagnati comunque. Ho letto e
seguito la preparazione del Natale dell’Associazione, le vostre news e quelle di Sr. Maria Luisa dall’Etiopia e di Sorella
Valeria; grazie!
Io ho vissuto Il mio primo Natale in Costa d’Avorio in modo semplice
e classico per un missionario: in villaggio, veglia e messa alla luce delle
candele attorniato da una piccola comunità riunita nella notte. Una celebrazione costruita di tre lingue locali
più il mio francese asciutto. Al Gloria cantato nell’oscurità davanti a noi la viva rappresentazione della
santa Famiglia con il piccoletto in fasce tenuto in braccio: semplicemente, per
osservare e comprendere il Dono ricevuto! Poi il rientro e la messa del giorno al centro
della Missione con la grande comunità; una messa gioiosa e stracolma di
famiglie; verso le 15 un pranzo in comune, un piatto di riso e un po’ di carne
conquistati, preparato per i tantissimi bambini circa 400. A seguito lo spettacolino
con danze e canti. La sera alle 21 tutti in chiesa per il film della
Natività…una chiesa piena di ragazzi, giovani, genitori e che a un certo punto
cadevano addormentati sulle panche in
pace.
Ritorno per la fine dell’anno in Città, da solo questa volta,
facendomi invitare per la veglia in una Parrocchia vicino all’Università
partecipo all’evento della chiusura dell’anno e all’ingresso nel nuovo. Quella
sera attraversando Bouakè attorno alle
21.30 ero rimasto colpito…credo di aver
visto la quasi totalità dei cristiani della città, di tutte le denominazioni,
affollare le Chiese che, tutte ben aperte
e illuminate già risuonavano nel tepore
della notte, di canti di festa e di preghiere…nessuno deve restare in casa la
viglia del Nuovo Anno. La mia parrocchia era già gremita per una veglia che
sarebbe terminata alle 5 di mattina con la Messa di Capodanno. Tutti siamo seduti o in piedi e la ripresa di canti conosciuti, di danze e
gesti, le riflessioni dei sacerdoti, la
conduzione con le esortazioni dei laici, tutto ci conduceva ai temi del
ringraziamento, della richiesta di perdono dal male, della gioia di conoscere
il Signore Gesù e la sua storia, del desiderio di entrare nel nuovo anno con un
cuore nuovo. Mi sono sentito libero e attorniato da una assemblea che come me
cantava e pregava unita…una bella esperienza. Devo dire che ho sentito anche un
po’ d’amarezza, pensando all’Europa e alle e Chiese chiuse la notte di Capodanno,
alla frenesia di cenoni con brindisi augurali spesso incolore, poco il senso e
la fede, forse pieni di solitudine …e mi sono chiesto: ma chi è davvero più
povero nella vita?
Mattina primo giorno dell’Anno 2017 alle 10 sono alla messa
solenne in Monastero e poi pranzo in una Casa di accoglienza per bambini di
strada che mi hanno indicato. Mi sembrava iniziato bene l’anno.
Improvvisamente giovedì 5 gennaio la mattina presto,
l’Esercito congela la città, blocca gli accessi, spara colpi in aria…seguono
tre giorni di trattative con il Governo, mentre altre caserme protestano e i blocchi nelle grandi città si
diffondono. Mi ritrovo chiuso in casa, il Vicario della Diocesi chiede a tutti
i preti di non uscire, di restare in casa. Siamo tutti piombati in un silenzio
assurdo, surreale. Nessuno circola, nessuno si avventura per le strade. Solo il
rumore frequente di colpi d’arma da fuoco e quello di un elicottero bianco
dell’ONU che sorvola due volte al giorno la città per osservare. Seguiamo tutti
le notizie alla radio francese.
Finalmente sabato sera, trovano un accordo alle richieste
dei militari che lentamente rientrano nelle caserme. Domenica mattina piano
piano vado in Chiesa, ci troviamo quasi come nel giorno della Risurrezione,
fuori da un tempo inimmaginato. Il paese ha toccato ancora una volta tutta la
sua fragilità. Mentre vi scrivo questa settimana uno sciopero già previsto di
cinque giorni, ha fermato tutto il settore pubblico, Uffici, Comuni, Scuole
incluse.
“La violenza non
ripaga mai” scrive il nostro Arcivescovo sui giornali “ occorre arrivare a
nuove abilità di dialogo di concertazione, d’intesa ”. E penso che anche lo
scorso anno quando ero a Parigi a studiare francese, avevo vissuto questi
problemi; per quattro settimane Parigi
in balia di scioperi selvaggi: dalla nettezza urbana, al carburante, ai
trasporti.
Tutti si reclama l’urgenza di un salario degno o di nuove
possibilità e invece chi ha già molto non vuole cambiare assolutamente nulla. Come
ritrovarci, come imparare ad ascoltare, come venirsi incontro per vivere meglio
tutti?
Cerco, trovo forse una risposta nelle parole di Zygmunt
Bauman in ricordo di Lui, un uomo saggio: «La guerra si sconfigge solo se diamo
ai nostri figli una cultura capace di creare strategie per la vita, per
l’inclusione, dell’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro che
non rappresentano una pura carità, ma un obbligo morale. Dobbiamo creare posti
di lavoro reale e ben pagati per i giovani
e passare dall’economia liquida ad una posizione che permetta l’accesso
alla terra col lavoro». E prosegue… «Papa Francesco dice che questo dialogo
deve essere al centro dell’educazione nelle nostre scuole, allo scopo di dare
strumenti per risolvere conflitti in maniera diversa da come siamo abituati a
fare». «L’acquisizione della cultura del dialogo non è una strada facile da
seguire, una scorciatoia. L’educazione è un processo di tempi lunghissimi, che
necessita di pazienza, coerenza, pianificazione a lungo termine. Si tratta di
una rivoluzione culturale rispetto al modo in cui si invecchia e si muore prima
ancora di crescere».
Ce lo auguriamo vicendevolmente, all’inizio di quest’anno
2017, mentre “doucement” attivo un
programma di incontri, di ricerca, di amicizie attraverso cui continuare la mia
presenza di prete in collaborazione al Cappellano dell’Università. Studio,
osservo, imparo, domando con tanta pazienza.
Un caro saluto a
ciascuno!!
Père Luca